Caffè napoletano patrimonio dell’Unesco: la proposta della Regione Campania
Appassionato del caffè e dei suoi attrezzi, è fondatore del piccolo museo del caffè, oltre a gestire il brand Gran Caffè la Caffettiera, locale storico di piazza dei Martiri. Guglielmo Campajola dice la sua sulla proposta della Regione Campania di fare rientrare il caffè espresso napoletano nel patrimonio immateriale dell’Unesco, così come già avvenuto per la pizza.
La proposta della Regione Campania
Qualche giorno fa, infatti, la giunta regionale della Campania ha trasmesso alla Commissione italiana per l’Unesco il dossier di candidatura “La cultura del caffè espresso napoletano”, a firma del presidente Vincenzo De Luca, che avvia la richiesta di iscrizione nella lista del Patrimonio culturale immateriale Unesco. “Si tratta – si legge in una nota – di una candidatura di grande rilievo, pienamente in linea con l’importante lavoro svolto negli ultimi anni grazie anche all’iniziativa del consigliere Francesco Emilio Borrelli, per il riconoscimento, da parte dell’Unesco, delle più significative tradizioni agroalimentari”.
“Il caffè in Italia non è soltanto una bevanda ma esprime una vera e propria cultura, un rito tutto napoletano che ha dato vita a tradizioni diffuse ovunque, come quella del caffè sospeso che evoca il senso dell’ospitalità, solidarietà e convivialità. Il dossier, redatto da un gruppo di esperti professori universitari, antropologi e giuristi, sintetizza questa dimensione – si spiega dalla Regione – e racconta il valore identitario della cultura del caffè, per i napoletani, i campani, e tutti gli italiani”. “Dopo l’Arte del pizzaiuolo napoletano, anche la cultura del caffè espresso napoletano merita il prestigioso riconoscimento Unesco”, conclude la nota.
Il caffè è un rito ma deve essere di qualità
Ma che cosa c’è dietro un semplice caffè, quel piccolo rito quotidiano di cui nessun napoletano, e non solo, si potrebbe privare?
“La verità è che dietro quel costo, apparentemente esiguo (1 euro), dietro un prodotto che pare semplice e scontato c’è un mondo molto complesso. Un processo lungo e farraginoso, cha va dalla coltivazione alla lavorazione, se tutti i passaggi non vengono fatti a dovere, il rischio è quello di avere un caffè di scarsa qualità che non accontenta neanche il palato del cliente”, spiega Guglielmo Campajola, titolare del Gran Caffè la Caffetteria.
Sono due le cose da tenere sempre presenti quando si parla di caffe, secondo l’esperto: “Io, prima che concentrarmi sul riconoscimento dell’Unesco, dedicherei maggiore attenzione alla qualità delle miscele e al servizio da effettuare”.
“Il caffè alla napoletana è il caffè di chi si ama, di chi vuole dedicare a se stesso il piacere di bere un’emozione e di far parte di una identità partenopea”, spiega Campajola che però aggiunge: “Questo meraviglioso rito è tale se il caffè in tazza è giustamente esaltato”. “Se ragioniamo come operatori, dobbiamo cercare di puntare alla qualificazione dei chicchi che andiamo a comprare. Purtroppo, come napoletani e soprattutto come esercenti, da questo punto di vista, non abbiamo avuto una buona pubblicità da alcune trasmissioni televisive andate in onda di recente, in cui, forse c’erano interlocutori sbagliati”.
L’altro aspetto da curare, secondo il massimo esperto di caffè, è la somministrazione: “Il caffè deve essere somministrato da professionisti, esperti nel regolare la pressione, macinare, testare tutti gli agenti esterni in tazza e fare in modo che alcuni, penso all’umidità, non vadano ad inficiare il prodotto finale, la cosiddetta grana del caffè”.
fonte: napolicittasolidale.it
2021